Esiste un “lessico” delle stragi?
Parole che possano restituire la densità emotiva e di senso di quanto è accaduto? I crateri, aperti dal tritolo, sono voragini di dolore e di vergogna per non averli impediti, ed è arduo trovare parole che non risultino stonate e retoriche. Eppure è, anche, un formidabile patrimonio di parole, semplici, nette, “partigiane”, il lascito dei martiri di quelle stragi. Un dono talmente grande che non vi è tavola di palcoscenico che possa contenerlo.
Ma, insieme, nel tempo sospeso del teatro, possiamo provare a scoprire, della nostra anima, quell’aspetto, gentile, che sa collegare il futuro alla memoria, in un dialogo sommesso e grato con quei morti, i nostri morti. Sarà la figura di Cassandra, veggente, profeta inascoltata, a tessere quel dialogo, a evocare le “maschere” di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Paolo Borsellino, Rita Atria. A consegnarci una visione che, da quelle ceneri, possa, anche, condurci a un riscatto. Un coro di cittadini, di antica memoria, percorre la scena come fosse il bordo di quei crateri: danza, confligge, manifesta, si ritrae, si chiude nel silenzio.
Un vecchio e stanco Tiresia avanza, alla fine, con l’ultimo dono. Echeggia, mentre la luce si ritrae, la voce di Cassandra con le parole della poetessa Wislawa Szymborska a ricordarci che la parola in teatro è mitopoietica, e che, nell’esperienza collettiva della rappresentazione, ne sperimentiamo il carattere complesso, simbolico. In teatro la parola è autentica perché nel gioco della scena espone tutte le sue maschere.
L'apertura della serata è affidata alla musica, con un quartetto d'archi Euterpe.
INFO E PRENOTAZIONI Ingresso €10. Prenotazioni Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.