Rosa
la serva di Trilussa
scritto e diretto da Patrizia Schiavo, con Gloria Liberati, Creazione luci di Agostino Nardella, Costumi di Roberta Vacchetta, Elementi di scena di Ermanno Pizzatti
Si ringraziano Luca Scarlini e Marco Lorenzi, preziosi compagni di viaggio.
Progetto a cura di Gloria Liberati
Rosaria o mejo Rosa, come l'ha chiamata lui. “Governante, segretaria, perpetua, fantesca, cuoca, infermiera, complice, alter ego, allieva...”. Rosa vive nell’Italia del fascismo, del dopo guerra, del boom economico. Dopo la morte del poeta nel 1950, non le è permesso realizzare il suo ultimo sogno, il suo ultimo atto d’amore: trasformare in museo la casa di Trilussa. Gli spettatori diventano così i visitatori dell’agognato e immaginario museo, a cui Rosa si aggrappa con tutte le sue forze, come l’ultima speranza, per raccontare la sua storia, il suo rapporto con il poeta, recitare poesie, ridere, sfogare la sua rabbia e il suo dolore. Poi le intimano lo sfratto, l’ultima crudeltà. Rosa non ha più alcun diritto di restare in quella casa: nessuno da servire. Sarà costretta ad andarsene, pagando a caro prezzo la farsa della serva e del padrone utile a mascherare quel legame sconveniente.
I visitatori del museo vivranno un’esperienza inedita; saranno depositari e testimoni per la prima e ultima volta delle sue confessioni: sogni, desideri, rimpianti... saggezza e poesia. Diverte, commuove, sorprende e ci fa scoprire e amare una di quelle figure singolari, come tante nella nostra storia, che soprattutto in quanto donne restano tutt'ora ombra e polvere.
NOTA al TESTO
Il testo è scritto in dialetto romanesco perché questa era la lingua di Trilussa e la lingua che Rosa (1916-1966) iniziò a parlare e a scrivere quando semianalfabeta arrivò da lui, all'età di 13 anni. Nel testo sono inserite alcune parti di poesie originali di Trilussa, in quanto funzionali al racconto-omaggio che la "serva" intende fare del "padrone" o significative per offrire a Rosa spunti per parlare di sé. Tutto il resto, anche ciò che Rosa esprime in una forma poetica più strutturata, è frutto del lavoro di scrittura originale, non avendo trovato accordi con gli aventi diritto di Rosa Tomei per l'utilizzo di alcune delle 33 poesie che compose, depositate e consultabili presso il fondo Ceccarius /Biblioteca nazionale di Roma. Quest'imprevisto, dapprincipio ha rappresentato un limite, poi un'opportunità, infine una scelta drammaturgica.
COMPAGNIA VIARTISTI / TEATROCITTÀ Centro di Formazione e Ricerca di Roma
in collaborazione con Opera Murialdo di Torino/Cantiere Teatro Juvarra